Intervista a Donato Miroballi
Consulente pedagogico lingue straniere Klett Sprachen, insegnante e formatore insegnanti, socio fondatore ADI Germania e.V.
Donato Miroballi è un consulente pedagogico, insegnante e esaminatore di italiano. Da oltre 20 anni insegna l’italiano e da 15 svolge l’attività di consulenza pedagogica per la casa editrice Klett Sprachen presso istituzioni che offrono corsi di lingua per adulti, quali università, istituti di cultura, università popolari e scuole di lingua. Tiene formazioni, aggiornamenti didattici e workshop tematici rivolti alle/agli insegnanti di tutte le lingue, compreso l'italiano. Organizza conferenze e contribuisce alla realizzazione di libri di testo.
Come è stato il Suo percorso fino a qui?
Dopo il servizio civile in Italia ho insegnato per la prima volta italiano nel Regno Unito e in Irlanda. Successivamente mi sono trasferito a Monaco di Baviera per imparare il tedesco, continuando a insegnare, sviluppando materiali didattici per diverse case editrici e lavorando giornalisticamente tra Italia e Germania. Qui mi sono laureato in sociologia, scienze della comunicazione e psicologia all’Università LMU di Monaco di Baviera. La pratica di insegnamento in realtà molto differenti tra loro, come centri linguistici universitari, università popolari (“Volkshochschulen”), scuole di lingua, ditte e centri familiari di quartiere, è stata una grande palestra professionale e anche di vita. Insieme ad altre/i colleghe/i insegnanti ho fondato nel 2010 l’ADI (Associazione Docenti di Italiano in Germania), di cui sono socio a vita.
Come ha imparato il tedesco?
Appena arrivato mi sono prefissato di avere a che fare principalmente con persone che parlavano il tedesco per acquisire il più velocemente possibile padronanza con la lingua, che è veicolo imprescindibile di cultura. Ho frequentato corsi di tedesco in diverse istituzioni, sostenendo gli esami fino all’ammissione all’università. Sono state fasi faticose, ma assai formative. Apprendere questa lingua senza preconoscenze in età adulta è stata una grande sfida per me. I primi mesi tornavo a casa la sera col mal di testa. D’altro canto, ho sviluppato preziosi strumenti di lettura delle dinamiche di apprendimento, immedesimazione ed empatia per migliorarmi come insegnante.
Cosa significa per Lei vivere e lavorare all’estero?
Quando sono uscito dall'Italia ho potuto toccare con mano cosa significa essere in un posto che non ti appartiene. Nulla è mio, solo l'aria, le mie capacità e i miei sogni. Sentire a pelle la diffidenza di chi hai davanti non è semplice. Ma affrontare questo tipo di situazioni è un modo meraviglioso per crescere e sviluppare un valore aggiunto partendo da se stessi: andare oltre, dare di più, a noi stessi e agli altri. Essere in sfida soprattutto con se stessi, che è la sfida più difficile di sempre. Ho imparato a contare solo sulle mie forze e ad automotivarmi. Questo mi ha segnato nel profondo. Nell’affrontare lingue e culture, anche lavorative, diverse dalla propria ho voluto mettermi in gioco e approfondire tutte le sfaccettature della mia lingua e cultura di provenienza. È come avere visto casa propria da dentro e uscirne fuori, potendola osservare e capire finalmente anche dall’esterno, in modo completo e da una prospettiva nuova che osservano, a modo loro, anche gli esterni. Con questi elementi si può fare tanto. Si possono costruire ponti importanti, si può progredire.
Come è stato l'impatto con la realtà tedesca?
I primi tempi da studente-lavoratore e giovane papà qui sono stati duri. Li ho vissuti a testa bassa, affrontando una lingua sconosciuta e complessa, nuove mentalità e lunghi inverni. Cose che possono scoraggiare. Ma ho apprezzato da subito il potersi spostare in bicicletta in città, l’amore dei tedeschi per l’Italia e il contatto con persone di tutto il mondo. Col tempo ho trovato la mia Italia qui. Un’Italia fatta di persone di diversissime regioni italiane. Professionisti, gente con tanta voglia di fare e grinta da vendere. Di questa Italia fanno parte anche tante persone tedesche e di altri parti del mondo incontrate nel mio cammino, che apprezzano il nostro paese e con cui condivido molto. La Germania mi ha dato un'opportunità, mi ha valorizzato professionalmente e come persona. Di questo sono molto grato.
Come vive il Suo stare in Germania oggi?
Dopo più di vent'anni di Germania e due figli che crescono a Monaco di Baviera sono felice di essere qui oggi. La decisione stessa di andare in un posto nuovo è stato un chiaro passo in una direzione di cambiamento e di riscatto per me. È stato stimolante imparare ad adattarsi e allenare la propria flessibilità. E lo è tutt’oggi. L'essere umano ha l'esigenza di semplificare il mondo che lo circonda e lo fa con categorie preconfezionate, per lo più errate, come le etnie, i pregiudizi e gli stereotipi. Tutti elementi semplicistici, riduttivi e perfino ingiusti, che nascono dal bisogno di definire se stessi attraverso le differenze col prossimo. Se si va oltre il pregiudizio si scopre quanto ci si può arricchire di conoscenze e di competenze interculturali, quanto meglio si può vivere. All'inizio costa più fatica, senza dubbi, ma ne vale assolutamente la pena. È solo questione di consapevolezza. Consapevolezza interculturale. Nella sostanza nessuno fa sempre e solo parte di un gruppo o di una tipologia, anche in contesti più o meno omogenei. Il fatto di non farsi rinchiudere in nessuna categoria fornisce una sorta di lasciapassare. Se mi libero dalle categorie e sono semplicemente me stesso, rendo libero anche chi ho di fronte a me.
Qual è stata la Sua esperienza interculturale più interessante tra Italia e Germania?
Sicuramente la realizzazione di reportages culturali, storici e culinari durante le olimpiadi invernali del 2006 a Torino, la mia città nativa, col primo canale televisivo tedesco ARD. Andare insieme a professionisti tedeschi alla scoperta di realtà italiane più o meno conosciute, confrontando l'ottica interpretativa da italiano a quella tedesca è stato fantastico e molto interessante. Vivere un'olimpiade e lo spirito olimpico in casa è un'emozione molto forte. Per un mese e mezzo ho lavorato intensamente nel centro mediatico internazionale allestito al Lingotto, nelle riprese e nelle interviste in loco, negli eventi culturali e sportivi in un’atmosfera magica e pacifica di fermento interculturale intorno all’Italia. Tutto attraverso una finestra preziosissima, cioè l’osservazione di come viene percepita e interpretata l'italianità nel mondo e nel particolare dai colleghi tedeschi, che ci hanno tenuto ad avermi con loro per curare l'autenticità dei servizi realizzati. Sono state esperienze indimenticabili.
Cosa consiglia a chi arriva in Germania?
Di avere voglia di imparare e non smettere mai di farlo. Di aprirsi e non mollare alle prime difficoltà. Si possono vivere tanti momenti piacevoli e appaganti.
Consiglio vivamente a tutti i giovani e meno giovani di raccogliere esperienze di studio e lavoro all’estero per allargare i propri orizzonti. Per constatare che è possibile fare di meglio, fare di più. Consiglio di rimanere fedeli a se stessi ma di mettersi in gioco per andare oltre il pregiudizio o meglio i pregiudizi in entrambe le direzioni. Consiglio di provare, sperimentare che è possibile sorprendere. Uno dei miei esperimenti preferiti è spiazzare i pregiudizi. Per esempio lavorando con la stessa precisione di un tedesco o ancora di più, arrivando più puntuali di uno svizzero e dimostrando coi fatti che anche da italiano si può agire con estrema correttezza e meticolosità, senza necessariamente rinunciare a godersi la vita. Tutto ciò è possibile, conservando il senso per la bellezza, la spontaneità e tutte le caratteristiche che il mondo apprezza di noi! Da italiana/o all‘estero si diventa nel quotidiano ambasciatori di un grande paese, con un patrimonio culturale unico, immenso e meraviglioso, ma anche con tanti difetti. Sta a noi scegliere cosa trasmettere e farlo consapevolmente.
Cosa fa nel tempo libero?
La mia grande passione è fare musica. Canto e suono la chitarra in concerti, letture musicali, spettacoli teatrali, per strada, in luoghi insoliti, virtuali e non. Mi piace molto praticare yoga e andare in bici. Con la bici sono andato diverse volte in Italia. Incantevole! Amo il calcio e lo gioco sempre peggio col passare degli anni. In compenso sto cercando di migliorare il mio spagnolo.
Cosa porta in Italia della Sua esperienza all’estero e in Germania?
Nuovi modi di pensare e agire che interagiscono tra loro. Tutti strettamente legati alle lingue dei posti in cui ho vissuto. Nel Regno Unito ho imparato, ad esempio, come si offre un ottimo servizio ai propri clienti e come se ne acquisiscono di nuovi. In Germania il metodo di analisi. Ma anche come applicare concretezza, essenzialità, pragmatismo ed efficacia alle fasi organizzative e decisionali del lavoro. E poi la curiosità per il nuovo, spunto per migliorarsi in continuazione. Tanti approcci che si integrano e aprono nuove, stimolanti prospettive. Porto il sogno di fare tutti veramente parte di una sola entità, dovunque ci troviamo. Il mondo in fondo è uno solo. La vita si nutre coi sogni.
Quali libri consiglia per imparare l’italiano e il tedesco?
Per insegnare e imparare l'italiano sicuramente Con piacere nuovo (Klett). Per insegnare e imparare il tedesco assolutamente Linie 1 (Klett) e Linie 1 Beruf (Klett). Una piacevole lettura che mi sento di consigliare è anche Non di solo amore di Francesco Fioretti (Piemme editore).
Luisanna Fiorini e Daniela Di Benedetto presentano il progetto ItaliaQui
Come è nato il progetto Italia Qui?
Luisanna Fiorini, Dirigente scolastica e già direttore dell’Ufficio Scuola del Consolato Generale d’Italia di Monaco di Baviera: "Nel gennaio 2020 il ministro Enrico De Agostini mi appoggiò nell'iniziativa di coinvolgere tutti i soggetti che a qualche titolo avessero interesse alla promozione della lingua e della cultura italiana in Baviera e a riunirli in una seduta, che lui chiamò ‘una tempesta di cervelli’, per trarre informazioni e vedere quali fossero gli aspetti più sentiti e condivisi. Ne emerse la necessità di creare una sinergia comunicativa, poiché, a fronte di tante istituzioni e soggetti pubblici e privati che si occupavano di lingua e cultura italiana, mancava una comunicazione efficiente e si perdeva il quadro generale per l’utenza. Vennero scelte delle persone che rappresentassero le varie istanze e mi sembrò naturale chiedere alla dott.ssa Di Benedetto, in qualità di presidente del Comites, di poter coordinare questo tavolo di lavoro”.
Daniela Di Benedetto, Presidente Com.It.Es. di Monaco di Baviera: “Sono sempre stata molto grata alla Preside Fiorini per avermi coinvolto in questo importante e ambizioso progetto. Devo dire che l'inizio dei lavori è stato difficile e non è stato scontato. Forse anche questo ha messo in luce degli elementi tipici della nostra italianità, cioè la capacità di superare l'imprevisto. Così abbiamo cominciato a lavorare nonostante l'incipit della pandemia ci avesse sopraffatto proprio subito dopo la ‘tempesta cerebrale’. Quindi in realtà il nostro tavolo di lavoro che ha messo in piedi la piattaforma non si è ancora mai incontrato fisicamente, ma si è incontrato spesso, e in modo molto proficuo, on-line”.
Quali sono gli obiettivi del progetto?
D. Di Benedetto: “Si tratta di un progetto che vuole superare molti ostacoli, sicuramente quello comunicativo, ma anche quello dello stereotipo. Noi vorremmo che si parlasse dell'Italia che nessuno si aspetta e che questa Italia potesse venire fuori nella propria autenticità attraverso una forma comunicativa nuova, fresca, coordinata e, soprattutto, aggiornata, che faccia emergere lo spirito di squadra che esiste, lo abbiamo scoperto anche negli ultimi Europei, e che risulta la formula vincente, più della somma delle capacità e delle competenze di ogni singolo. È del resto lo stesso spirito di squadra che siamo riusciti a vedere anche nel nostro tavolo di lavoro, facendo venire fuori molte competenze tra di noi: la valorizzazione del lavoro insieme porta molto avanti e questo è il messaggio che attraverso questa piattaforma vogliamo lanciare”.
L. Fiorini: “I contenuti si sono poi via via arricchiti. Uno dei filoni principali riguarda la promozione della lingua e cultura italiana nell'istruzione e formazione, quindi l'offerta che c'è sia per italiani emigranti, che per gli italiani residenti ma soprattutto per i tedeschi che si vogliono avvicinare alla lingua italiana e, anche, all'Italia, all'innovazione e alla creatività. Un’Italia che non è solo, anche se basterebbe, cucina e arte, ma è anche scienza, tecnica e innovazione. Qui sul territorio di Monaco di Baviera noi abbiamo numerose eccellenze in questo senso. Vorremmo quindi far conoscere un’Italia diversa ai giovani e superare lo stereotipo che accompagna soprattutto la mia generazione, dell'Italia del dopoguerra, dell'Italia bella. Vogliamo proporre un'Italia che si avvicina ai ragazzi che vogliono investire nella conoscenza dell'italiano per il loro futuro lavorativo”
D. Di Benedetto: “È l’Italia degli scambi commerciali, degli scambi scientifici. Esistono una serie di collaborazioni industriali, economiche, finanziarie, partnership scientifiche e cenacoli importanti tra Italia e Baviera, che meritano di essere valorizzati anche attraverso questa piattaforma. Desideriamo che questa diventi lo strumento attraverso cui l'Italia in Baviera riesca ad andare oltre e presentarsi per come è, nella propria autenticità”.
L. Fiorini: “La pluralità degli sguardi ha giocato un ruolo importante, perché all'interno del tavolo di lavoro ci sono rappresentanti di associazioni, rappresentanti di università, questo Ufficio Scuola, qualcuno che porta la voce dell'imprenditoria e dell'innovazione e tanti giovani. Uno degli scopi è fornire un punto di informazione unico: molto spesso gli italiani che arrivano in Baviera trovano le informazioni, ma in modo molto spezzettato, oppure su più siti”.
D. Di Benedetto: "Il superamento della frammentazione è uno degli obiettivi principe della nostra piattaforma: in tre click trovare tutto, facendo riferimento alla fonte stessa delle informazioni, che non vogliamo sostituire e non vogliamo rendere ridondante, ma che vogliamo mettere in luce in un insieme di collegamenti, che portino ad avere un quadro generale completo e sempre aggiornato dell'italianità in Baviera”.
Come mai ItaliaQui?
L. Fiorini: “Il tavolo di lavoro ha riflettuto molto sul nome: il nome è importante, perché dà l’immagine immediata del messaggio che vogliamo trasmettere ed abbiamo deciso di chiamarlo ItaliaQui”.
D. Di Benedetto: “ItaliaQui, in un’unica parola, diretto al punto. Diretto perché è un avverbio, privo di riferimenti specifici a numeri e genere e rivolto al movimento, alla ricerca, all’operosità e l'operatività. Diretto al punto: diretto come direkt, semplice da leggere e assonante rispetto alla lingua tedesca, e il punto perché è proprio dove vogliamo arrivare. Il punto è uno, è univoco e sta lì. Lo abbiamo inserito anche nel nostro logo”.
Sara Sparagna