Teatro italiano in Baviera
Sono diversi i pubblici e di diverse nazionalità quelli che si avvicinano al teatro italiano in Baviera. Tutti con motivazioni differenti. C’è chi cerca un pezzo di casa; chi invece vorrebbe essere catapultato, almeno per la durata dello spettacolo, nelle atmosfere e le suggestioni che gli ricordano le vacanze estive; chi studia la lingua italiana e desidera mettersi alla prova con le battute serrate di un dialogo teatrale; chi, ancora, ne capisce forse solo qualche parola, ma ama farsi affascinare dai suoi suoni e dalla sua musicalità.
Le compagnie di teatro italiano in Baviera sono esse stesse un incontro di personalità, professionalità, background, voci provenienti da varie parti d’Italia. Mettono in scena opere del repertorio italiano e non, con entusiasmo e passione, portando sul palco, inevitabilmente, anche la loro identità di italiani e di italiani all’estero. È un complesso mix di emozioni, storie, nostalgie e desideri, che una sera a teatro mescola e intesse, contribuendo a creare quell’atmosfera unica che gli appassionati dell’arte di Talia tanto amano.
Marco Pejrolo e Primàopoi
Per descrivere l’attività di Marco Pejrolo come attore, regista e pedagogo teatrale ci vorrebbe… un atlante. Ha infatti collaborato con diverse compagnie teatrali, tra le quali il Teatro Stabile di Torino, la Compagnia Nuovo Progetto Prosa di Torino, Assemblea Teatro, Compagnie Traits de Marque (Parigi) in qualità di attore e regista, portando spettacoli in tournée in Europa, Sud America, Nord America e Africa. Ma sono stati i progetti di didattica teatrale a portarlo a Monaco, 22 anni fa. “Al tempo stavo lavorando in Italia”, racconta Pejrolo “e fui invitato qui a Monaco da un’insegnante della scuola europea, perché loro cercavano qualcuno che facesse laboratori di teatro per qualche settimana. Accettai di buon grado, senza sapere che poi quella sarebbe stata la svolta della mia vita. Poi con il gruppo dei genitori della scuola europea, prevalentemente persone che lavorano all’EPO, saltò fuori il desiderio di cercare di creare un gruppo di teatro italiano, accanto a quello spagnolo e francese, già esistenti. Mi hanno chiesto se avessi voglia di sperimentare qualcosa con loro e proposi di fare un workshop teatrale, alla fine del quale, se ci fossimo piaciuti, avremmo deciso se continuare. Non abbiamo più smesso di lavorare insieme. Così è nato il gruppo teatrale Primàopoi”.
In questo modo è nata una bellissima avventura. Al debutto al Metropol di Monaco di Baviera è seguita una affezionata frequentazione del Gasteig, il Black box, e anche un’esibizione all’Amerikahaus. Questo, all’interno di una compagnia teatrale in lingua italiana, è stata un’esperienza con un musical internazionale in cinque lingue, dedicato alle nuove frontiere della neuropsichiatria. “Il lavoro che faccio con Primàopoi è un teatro moderno, molto contemporaneo e particolare. Non si accomodano a prendere un copione e metterlo in scena: hanno voglia di scrivere loro parte dei testi, di fare un collage. Quindi spesso partono da un tema o da un genere teatrale che non hanno ancora sperimentato che diventa un modo per lavorare su se stessi: la partenza di ogni avventura è tabula rasa, una cosa molto interessante dal punto di vista pedagogico. Non sono professionisti, quindi, mancando la tecnica, suppliscono con un grande entusiasmo, una forte curiosità e una grande voglia di giocare. I nostri percorsi di formazione dello spettacolo non cominciano mai con le prove, ma con laboratori di attività assieme a me o altri professionisti. Il loro motore, insomma, è continuare il loro viaggio alla scoperta del teatro. Il progetto nasce con la compagnia e il mio ruolo è appunto quello di pedagogo. Anche il ruolo della regia è un po’ cambiato: all’inizio dirigevo di più, perché avevano bisogno di scoprire quali erano le regole fondamentali della comunicazione e della polisemia dell’atto teatrale e dovevano appropriarsi di codici diversi. Pian piano hanno maturato un know-how più profondo, una loro autonomia creativa e, per quanto mi riguarda, ora mi interessa molto di più il processo creativo, che diventa un’occasione per loro di apprendere qualcosa del mondo del teatro e di acquistare fiducia in loro stessi. Questa è la bellezza del gruppo, che è molto vivace e vivo. E anche quando ci sono momenti difficili, il loro bello è che si sfidano, vanno incontro alle difficoltà superandole”.
Ma cosa cerca il pubblico quando viene a vedere un’esibizione teatrale di Primàopoi? “Gli spettatori cercano un pezzo d’Italia, hanno voglia di sentire la lingua e goderla. Ma non solo”, sottolinea. “Se dovessi disegnare il prototipo del pubblico monacense ai nostri spettacoli direi che è un pubblico che si aspetta di assistere a una pièce leggera, si rende conto che non sarà così ma se ne sorprende piacevolmente. Primàopoi fa spettacoli che lanciano un messaggio, per loro portare il pubblico a teatro vuole dire indurlo a pensare, dandogli stimoli da rielaborare. Questo vale anche per il pubblico tedesco. Percepisco una grande curiosità in loro: nutrono un desiderio di andare oltre l’immagine turistica dell’Italia, oltre la superficie, vogliono andare a fondo. Si emozionano, si appassionano, hanno voglia di capire qualcosa di più. È nostra responsabilità sovvertire il luogo comune che ci amano, ma non ci stimano. Dobbiamo proporci e proporre del nostro paese le cose che possono far cambiare questa percezione”.
Il 18 e 19 settembre 2021 Marco Pejrolo ha portato in scena Nudi ricordi, un monologo da lui diretto e interpretato, tratto da racconti di Cesare Pavese, che ha visto il suo debutto come attore a Monaco di Baviera. “Era uno spettacolo che avevo portato in scena molti anni fa (non in questa forma, in una leggermente diversa), cui sono molto affezionato per mille ragioni. Principalmente perché io vengo da Torino e amo molto Pavese: fu uno dei saggi alla scuola di recitazione, una delle prime passioni. Credo sia stato un personaggio chiave nella formazione culturale del nostro paese per molti aspetti, estremamente controverso, complesso, profondissimo. Ho scelto di portare in scena dei racconti dalla Feria di agosto, perché penso che nella potenza sintetica della forma del racconto lui esprima il suo meglio. Pavese è uno scultore con le parole: hanno un rigore, un’asciuttezza, un’eleganza che ho provato a riportare in scena con un allestimento ugualmente rigoroso. È stato molto faticoso dal punto di vista autorale, perché proprio quel rigore prevede che tutto sia come una perfetta partitura musicale, che ogni singolo gesto, ogni singola azione si incastri nel tessuto delle parole. Il tema della selezione che ho fatto è appunto il ricordo, un tema che per Pavese è centrale. Il ricordo muove in lui una dicotomia profonda, che alcuni ipotizzano sia stata anche alla base della sua depressione: quella tra uomo e ragazzo, tra mondo dell’infanzia, per lui rappresentato dalla campagna, e l’età adulta, esemplificato dalla città. Questo tema torna continuamente, è un rapporto profondo e difficile. Lui dice che l’uomo e il ragazzo vivono insieme, non lo sanno, si cercano e quando si trovano non si riconoscono”.
(ph. Catharina Weitbrecht)
ProgettoQuindici
Facile ricordare l’anno del debutto del ProgettoQuindici: è il 18 ottobre 2015, infatti, che la compagnia porta in scena il suo primo spettacolo a Monaco di Baviera, l’adattamento teatrale del film francese Le prénom (Il nome), tradotta in italiano da Valentina Fazio, oggi vicepresidente dell’Associazione ProgettoQuindici. “L’occasione che ci ha fatto incontrare è stata un provino per il Gruppo Teatrale pirandelliano I-Talía di Monaco, con il quale abbiamo portato in scena Così è se vi pare”, ricorda Mathias Falco, attuale presidente dell’associazione.
Alla commedia di Matthieu Delaporte e Alexandre de la Patellière segue la messa in scena nel 2017 dell’intenso dramma Chi ha paura di Virginia Woolf? “Un’altra opera sorprendente, che ci ha fatto crescere nell’arte teatrale” ricorda Mathias. “Ma non ci vogliamo fossilizzare a un solo genere: negli anni abbiamo calcato le scene con opere comiche e musicali, come quella di Karl Valentin e con opere italiane di De Luca, De Filippi, Amoroso, Clementi e Pirandello”. “Ci piace condividere la storia che mettiamo in scena con autori o traduttori dei pezzi”, aggiunge Valentina. “Così è stato il caso per l’autore Gianni Clementi, autore di un pezzo che abbiamo messo in scena, L’ebreo, e Mara Fazio, la traduttrice italiana di Karl Valentin, entrambi venuti a Monaco per essere presenti ai relativi spettacoli”.
L’evoluzione del ProgettoQuindici ha coinvolto qualche anno fa anche il loro assetto statutario. “Ci siamo costituiti come associazione culturale senza scopo di lucro nel 2017”, ci tiene a sottolineare Valentina. “Oggi siamo 17 soci, una parte di questi attivi sul palco come attori, altri come sostenitori: per noi è stata una crescita importante".
Il pubblico del ProgettoQuindici è composto per la maggior parte di italiani, ma anche tedeschi amano assistere ai loro spettacoli. “Per i nostri connazionali venire ai nostri spettacoli è sempre una buona occasione per godersi una rappresentazione a teatro nella loro lingua madre. Ma anche il pubblico tedesco ci apprezza”, racconta Valentina. “Abbiamo fatto, prima di uno dei nostri spettacoli, delle piccole interviste, in particolare ai tedeschi. Volevamo capire perché venivano a vederci. Nella maggior parte delle risposte che erano emerse spiegavano che, qualunque tipo di spettacolo facciamo, per loro è un piacere venire ad ascoltare la lingua italiana: sia se la conoscono bene e in quel caso, ovviamente, si godono lo spettacolo un po’ di più, sia se capiscono poco o nulla, perché hanno comunque piacere di sentirla per un paio d’ore. I tedeschi di Monaco amano moltissimo la lingua italiana e per questo vengono volentieri a prendersi questo pezzetto d’Italia a teatro con noi”. Tra gli spettatori del ProgettoQuindici ci sono molto spesso anche gli studenti delle scuole di italiano: “A loro forniamo anche il testo in anticipo in modo che possano prepararsi durante le lezioni”.
Come tutto il settore teatrale, anche la compagnia del ProgettoQuindici è stata colpita dalle misure di contenimento della pandemia. Ma nell’autunno del 2021 è riuscita a ripartire nella nuova sede del Gasteig, a Monaco di Baviera, con uno nuovo spettacolo, un’opera di Patrick Marber, Poker. La scelta del mazziere. “È uno spettacolo tutto al maschile”, racconta Mathias, “l’altra faccia della medaglia di Femme fatales, uno spettacolo recitato solo da attrici, che avevamo messo in scena l’8 marzo 2020, poco prima dello scoppio della pandemia. Nell’Inghilterra anni ’90 sei uomini si trovano in un ristorante ogni fine settimana a fine turno per fare un giro di poker. Abbiamo trattato temi importanti che riguardano l’universo maschile, come i rapporti padre figlio, il vizio del gioco, l’amicizia tra uomini, l’omosessualità. Per certi versi uno spettacolo leggero, ma che porta in scena argomenti di grande attualità”.
La Paranza di Augsburg
“In teatro si crea quella magia di sentirsi per un attimo in Italia. Senti recitare in italiano, la gente che ti circonda è per lo più italiana, i profumi dei cibi che offriamo durante gli spettacoli sono italiani. È come aprire la porta e ritrovarsi come per incanto, senza prendere un aereo o un treno, in Italia”. Daniele De Filippis – presidente dell’Associazione Culturale La Paranza di Augsburg e membro fondatore dell’omonima compagnia teatrale attiva dal 2012 nella città bavarese – prova così a definire quella fascinazione che il pubblico, italiano o tedesco che sia, prova durante uno dei loro spettacoli. La compagnia teatrale amatoriale la Paranza di Augsburg è senz’altro una delle realtà che testimoniano quanto il teatro italiano in Baviera sia una realtà viva e ricca di stimoli, in grado di attrarre a sé non solo compatrioti nostalgici del Belpaese, ma anche bavaresi alla ricerca di quell’italianità, di quel flair della Penisola così peculiare.
La Paranza nasce quasi dieci anni fa come compagnia teatrale proprio grazie a una nostalgia delle assi di legno del palcoscenico di Daniele. “Ho fatto teatro per 15 anni a Napoli, la mia città natale, e in tutta Italia e ho avuto la possibilità di farlo anche con dei professionisti. Io lo facevo principalmente perché mi piaceva, non certo perché fosse una mia aspirazione, era più qualcosa che mi stuzzicava. Mi permetteva di conoscere tante persone e di girare un po’ per l’Italia. Insomma, mi sono tolto delle piccole soddisfazioni. Poi, una volta che mi sono trasferito in Baviera nel 2012, ho iniziato ad avvertire questa mancanza, era come se non mi sentissi completo. L’occasione mi si è presentata quando ho conosciuto una ragazza campana come me: anche lei aveva fatto teatro e ci venne quest'idea di mettere su inizialmente una semplice compagnia teatrale e provare a vedere quale potesse essere il feedback della città nella quale vivo”. Le soddisfazioni poi non sono mancate. Nell’anno 2013 il debutto con il pezzo di cabaret I Re Magi napoletani e da lì i numeri degli spettatori ai loro spettacoli sono in continuo aumento. “A novembre del 2019, poco prima della pandemia, siamo riusciti a portare oltre 500 persone a teatro: un numero incredibile per la città di Augsburg e per una pièce teatrale in lingua italiana”, ricorda. E nel 2019 l’Associazione porta la sua produzione artistica oltre i confini di Augsburg, in altre città della Baviera e del Baden-Württemberg.
Con l’aumentare dell’entusiasmo verso la Paranza e, di conseguenza, degli iscritti, arriva la decisione di costituirsi come associazione culturale. “Dal 2016 non ci occupiamo solo ed esclusivamente di teatro, ma organizziamo anche corsi di cucina, di musica e ballo. Spesso veniamo a suonare anche nelle città vicine: siamo riusciti ad arrivare anche a Stoccarda nel 2020. I membri della nostra associazione sono per lo più sono italiani, ma ci sono anche tedeschi che parlano italiano, perché sono sposati con o hanno fidanzati italiani o, comunque, si sono avvicinati all’italiano per passione. Amano in particolare i nostri corsi di cucina: la squadra della Paranza è molto variegata, con membri che vengono da ogni parte d’Italia, cosa che ci permette di toccare varie cucine regionali”.
Alla crescita dell’associazione segue anche l’inizio di una collaborazione con la Società Dante Alighieri e con il Maria-Theresia Gymnasium di Augsburg. “Dal 2013” prosegue Daniele “faccio un vero e proprio stage teatrale con gli studenti dell’ultimo anno: in genere sono ragazzi che hanno almeno un genitore italiano o che scelgono l’italiano come terza lingua. Ogni anno raccontiamo loro una città italiana, con l’obiettivo finale di portarli in quella città per far loro toccare con mano quello che hanno visto tramite slide e foto. Nel 2021 li abbiamo portati a Napoli: anche a Scampia, in visita all’associazione L'albero delle idee, che prende dalla strada i giovani che si avvicinano in giovane età alla camorra e mette loro a disposizione un'aula polifunzionale in cui possono svolgere varie attività ludiche e formative. Inoltre, abbiamo attivato un gemellaggio con un liceo scientifico di Caserta, in modo che i ragazzi potessero fare uno scambio con dei coetanei di un’altra nazione e con diverse esperienze di vita”.
Ma i nuovi progetti della Paranza non si fermano qui. “Oggi l’ultimo impegno che stiamo portando avanti è un laboratorio teatrale per neofiti, per coloro che non hanno mai messo mano a un copione né calcato le tavole di legno”. E conclude: “Per mantenere viva l’associazione è importante entrare in contatto con nuove persone, perché ci sono sempre nuovi italiani che arrivano in città. La cosa che più mi inorgoglisce è l’aver letto più di una volta su Facebook il consiglio ai nuovi arrivati ad Augsburg di rivolgersi a noi, definendoci come una delle poche associazioni fatta da giovani per i giovani. Vorremmo fare sempre di più, certo, e, Covid permettendo, non ci fermeremo”.
(foto Nino)
Valentina Pinton