Stephanie Bondioli: "Una Mamma in Baviera"
Eccoci qua, con un tema molto attuale...
Raccontaci qualcosa di te Stephanie, cosa ti ha portato a Monaco?
Mi chiamo Stephanie, ho compiuto da poco 36 anni e… non saprei dirti di dove sono realmente. Sono nata nella Svizzera francese, ma cresciuta nella Bassa mantovana. Poi ho vissuto 11 anni a Milano e ora vivo qui, a Monaco di Baviera. Mi sono trasferita cinque anni fa, grazie ad una proposta di lavoro. Ho pensato “ma sì, la Germania non è proprio sulla mia lista dei posti in cui vivere, ma proviamo, magari un annetto o due”. Ed eccomi qua, ora sono sposata e ho una bellissima bimba di 22 mesi. L'esperienza è decisamente non più a tempo limitato.
Lavoro come project manager in una grande azienda automobilistica, adoro quello che faccio e sono fortunata ad avere dei colleghi meravigliosi.
Wow che bella premessa
Come nasce l'idea del tuo blog Una Mamma in Baviera?
Potrei dire che nasce dall’ultimo Covid-lockdown: sono diventata mamma a maggio 2020, in piena pandemia. Avevo molti progetti per la mia maternità, ma alla fine, oltre a dedicarmi esclusivamente alla cura della piccola, mi sono ritrovata come tante persone a non avere più una rete sociale, sia per il lockdown in sé, che per la mancanza di una routine lavorativa (e quindi dei contatti regolari coi colleghi). Aggiungiamoci poi il fatto di essere all’estero e non padroneggiare perfettamente la lingua. Insomma, sentivo la necessità di condividere le mie gioie e i miei dolori della maternità in terra straniera con altre mamme o papà. Così, un po’ per gioco, ho lanciato il blog “Una mamma in Baviera”.
Quali sono i principali contenuti?
È un luogo di incontro virtuale, ma anche una raccolta di informazioni utili sull’essere genitori in Germania, ed in particolare in Baviera, la lista dei miei coffee spot e ristoranti del cuore (creata durante le mille passeggiate per Monaco per riempire il tempo), i link ai video corsi in Italiano per genitori, un carosello di curiosità su feste e tradizioni in Germania, e poi la mia rubrica preferita, Mama-Deutsch, che presenta i vocaboli essenziali per la sopravvivenza. Sono delle carte, anche stampabili, con una ventina di vocaboli tradotti in tedesco, suddivisi per tema, come ad esempio La Gravidanza, Il Parto, Il Necessaire, Al Parco Giochi etc. Ogni mese pubblico un nuovo capitolo.
Le barriere linguistiche hanno pesato? Quali sono le differenze organizzative più rilevanti rispetto all'Italia?
Guarda, ti racconto solo un aneddoto che parla da solo: durante il parto la mia ostetrica (tedesca ma che provava a parlarmi in diverse lingue) iniziò a dirmi tra una contrazione e l’altra “Lockern, Lockern Lockern” (pronunciato “Loca, Loca, Loca”, ovvero “Rilassati”). Io pensavo mi stesse dando della matta in spagnolo e mi misi ad urlarle contro “Loca sarai tuuuuu!”.
Quindi sì, le barriere linguistiche possono pesare parecchio. Pur essendo Monaco una città multiculturale, ci sono ancora molti medici e professionisti che non parlano nemmeno inglese. Ho avuto lo stesso “problema” all’asilo di mia figlia. Devo dire che poi si è rivelato per me molto costruttivo, perché dopo l’inserimento il mio tedesco era migliorato molto.
A parte la lingua, devo dire che il resto è filato abbastanza liscio.
Le visite, la maggior parte degli esami e le ecografie di rito sono coperte dall’assicurazione. Le strutture sono ben organizzate. In Germania ogni gestante ha diritto all’assistenza domiciliare di un’ostetrica (Hebamme), che viene a supportare i genitori nelle fasi delicate pre e post parto. Nelle tre-quattro settimane dopo il parto, la nostra cara Hilde è venuta a trovarci con cadenza regolare, per pesare la bimba, controllare il mio ed il suo stato di salute, insegnarci a farle il bagnetto e medicare il cordone ombelicale, darci consigli sulla nanna e sull’allattamento. Io questa iniziativa la trovo geniale e secondo me dovrebbe essere buona pratica anche in Italia. Attenzione, nonostante sia un diritto dei genitori, la ricerca dell’Hebamme è molto lunga, quindi va iniziata per tempo!
Ora un tema dolente ..
Come hai vissuto il percorso di inserimento al nido di tua figlia e quali sono le principali differenze rispetto all'Italia secondo la tua esperienza?
Il nido… ah, qui bisognerebbe parlarne per ore. Se c'è qualcosa che mi sento di criticare in Germania è proprio il sistema dei nidi/scuole materne. Innanzitutto, trovare un posto al nido è come trovare il Sacro Graal. C’è gente che inizia la ricerca appena sa di essere incinta! I motivi sono che nelle grandi città come Monaco, ci sono tantissimi bimbi e pochissimi asili. In più pare che anche il personale specializzato scarseggi. Questo fa si che per trovare un posto, che sia in una struttura pubblica ma anche privata, richieda moltissimo tempo (e pazienza). Noi per esempio abbiamo iniziato quando la bimba aveva tre mesi. Abbiamo utilizzato il portale dei nidi pubblici (kitafinder) e anche scritto privatamente ad un totale di 25 strutture. Solo una ci ha risposto. E dopo un vero e proprio colloquio (non scherzo) ci hanno prima rimbalzato e poi richiamato perché un’altra famiglia aveva traslocato e si era liberato un posto.
La maggior parte dei nidi non prende bimbi sotto i 12 mesi, e questo pone un certo limite al rientro al lavoro dei genitori, che difficilmente tornano prima di un anno o un anno e mezzo.
Un'altra differenza è l’inserimento: è un processo molto più lungo che in Italia. Molti asili qui seguono il Berliner Modell, che è diviso in cinque fasi:
- un incontro conoscitivo;
- una fase iniziale di circa tre giorni, in cui il bimbo rimane con il genitore all’interno della struttura per massimo 45 min / un’ora;
- il tentativo di separazione, dove al quarto giorno il genitore si allontana per cinque/dieci minuti e nei giorni successivi gradualmente sempre di più;
- la fase di consolidamento;
- la fase finale.
Tutto ciò può durare dalle quattro alle otto settimane. Ecco perché per l’inserimento (Eingewöhnung) è raccomandato prendersi un periodo di uno o due mesi dal lavoro. Io avevo totalmente sottovalutato questo aspetto e ho dovuto rettificare il mio rientro, in quanto per la nostra piccola l’inserimento è durato davvero ma davvero tanto, vuoi perché Sophia era figlia del lockdown o forse anche per lo scoglio della lingua (a casa parliamo italiano ed inglese, il tedesco lo conosceva poco). A volte mi sono chiesta se un inserimento “all’italiana” avrebbe funzionato meglio. Chissà…
Chapeau alle maestre, che con tanta pazienza e tanto amore hanno fatto un ottimo lavoro, ed ora Sophia, oltre a godersi le giornate all’asilo, ha persino imparato a parlare tedesco!
Quali sono le domande più frequenti che ricevi sul tuo blog?
Le più svariate. Mi scrivono mamme per sapere dove trovare il cibo per lo svezzamento o i prodotti per bambini che normalmente troviamo in Italia; per conoscere gli Spielplatz più carini; i nomi di pediatri o medici che parlano italiano, ma anche per organizzare passeggiate in compagnia.
Si è creata una community anche off-line?
Certo, mi trovo spesso allo Spielplatz o per un caffè con altre mamme italiane o italo-tedesche. Con alcune stiamo stringendo proprio una bella amicizia.
Come valuti la tua esperienza di integrazione in Germania? Quali sono stati aspetti positivi e negativi che hai portato della tua italianità? Cosa hai appreso della cultura tedesca?
Dato il periodo storico in cui siamo diventati genitori, sognavo di creare una grande community di mamme e papà con la quale passare tanto tempo, alla fine l’ho fatto virtualmente perché fisicamente eravamo piuttosto limitati. Ma sono ancora in contatto con molte mamme del corso pre-parto, dei corsi di yoga o degli Spielkreis (gruppi di gioco). Se ti impegni, se ti butti, se offri la tua socialità l’integrazione è possibile!
Cosa ho appreso dalla cultura tedesca? Quattro cose fondamentali:
1. A gestire il tempo dando priorità alla famiglia (e a me stessa). La cultura lavorativa tedesca ti permette di farlo, e per me è un grande dono.
2. Che non esistono stagioni sbagliate, solo abbigliamento sbagliato: i bambini possono giocare nella natura a qualsiasi temperatura, sotto la neve e la pioggia, basta essere preparati.
3. A dare una seconda vita ad oggetti e vestiti: in Germania esiste un mercato immenso dell’usato, per adulti ma soprattutto per bambini. La gran parte dei vestiti che compriamo sono di seconda mano ai mercatini di quartiere o online. Ed è così per tantissime altre famiglie che conosco. In Italia abbiamo qualcosa da imparare su questo.
4. Il ruolo del padre e della madre nell’accudimento della famiglia e della casa sono bilanciati. Da un padre non sentirai mai la frase: “oggi faccio il mammo!”. I papà sono molto più presenti, dal congedo parentale alle attività quotidiane, sono sempre in prima linea.
Quali sono i consigli che daresti ad una futura mamma che si trasferisce?
BUTTATI! Non temere il confronto, l’imperfezione nella lingua, le differenze culturali. Cerca su internet i gruppi di gioco, i luoghi di ritrovo, i corsi di danza e tutto quello che una città può offrire per socializzare. La maternità è molto più divertente in compagnia!
Raccontaci un evento singolare della tua esperienza di integrazione anche una sintetizzabile con una frase o un pensiero
“Do you know what a foreign accent is? It is a sign of bravery”, Amy Chua.
Stephanie, wow che preziosi consigli... ora quindi non mi resta che chiederti...
Quali i tuoi prossimi obiettivi?
- creare una nuova rubrica nel mio blog
- esplorare la Germania (che non conosco ancora bene)
- sopravvivere ai “terrible twos” di mia figlia!
Beh, allora non mi resta che ringraziarti e dirti arrivederci alla prossima rubrica.
Arianna